La pasta è uno di quegli alimenti che accompagna la tradizione gastronomica italiana praticamente da sempre, diventando identità ed orgoglio di molti luoghi che ne hanno inventato e perfezionato con maestria la trafilatura, i tagli, le ricette e le varianti.
Un esempio è il territorio di Gragnano, la cui relativa produzione è diventata IGP.
Sarebbe impensabile, soprattutto al Sud, un pranzo domenicale senza il classico piatto di pasta fumante che inebria di sapore l’intera sala da pranzo e, d’altro canto, non c’è nessun altro luogo al mondo in cui questo “oro giallo del food” venga cotto come da noi: all’estero, è davvero raro imbattersi in qualcuno che sali l’acqua bollente o capace di tirar su i maccheroni cotti perfettamente al dente.
Già, ma in uno scenario così ricco di scelte, tra varianti semplici e classiche, trafilature al bronzo, all’uovo e tante altre, quali sono i formati di pasta più amati dagli italiani?
AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) ha pubblicato i risultati di una ricerca statistica proprio per rispondere a questa domanda.
La Top 4
Secondo l’associazione, sono circa 300 i formati di pasta prodotti e consumati nel nostro Paese: si sa, c’è quella rigata, quella liscia, quella lunga, quella corta… ed ognuna ha il suo posticino ritagliato ad hoc nella cucina italiana, a seconda delle proprie caratteristiche specifiche.
Sarebbero 4, però, i formati che coprono instancabilmente il 70% del relativo mercato nostrano:
- spaghetti;
- penne;
- rigatoni;
- fusilli.
Sul podio, insomma, resta da sempre quella che è considerata la pasta secca per eccellenza, interconnessa a doppio filo con l’origine stessa di questo alimento – da ritrovare nella cultura araba del IX secolo – che, a sua volta, è legata ai territori della Sicilia, della Sardegna e della Liguria. Merito loro è anche la nascita delle cosiddette “Arti dei Vermicellari” che videro la luce nel Medioevo, un periodo tutt’altro che buio sotto questo (e tanti altri) punti di vista.
Nel corso della storia, mentre si facevano largo tra il popolo per poi approdare a Napoli, che li avrebbe consacrati “ammore della tavola” a prima vista, gli spaghetti hanno deliziato davvero qualunque tipo di palato, da quelli umili dei “lazzari” di metà Ottocento a quelli nobili degli stranieri che facevano appositamente tappa in Italia durante il Grand Tour. Passando per Totò e Pulcinella, hanno anche riempito le valige degli italiani che emigravano, ritrovandosi, così, ad essere scoperti ed apprezzati anche in terre lontanissime dalla nostra.
Per quanto riguarda le seconde classificate, le penne, si sa con certezza che sono state inventate l’11 Marzo 1865 da Giovanni Battista Capurro, pastaio della provincia di Genova, che brevettò una macchina creata apposta per forgiare un formato tagliato diagonalmente. Un’impresa che si riteneva impossibile senza frantumare o rovinare il prodotto, tant’è che l’unico modo per ottenere lo stesso risultato, fino a quel momento, era stato tagliare l’impasto con le forbici. Il nome deriva dal fatto che l’intenzione di forma voleva riprendere quella dei pennini delle penne stilografiche e il colore era, inizialmente, più intenso perché questa variante conteneva lo zafferano. Con il tempo ogni regione ha creato una sua rivisitazione: al Sud, ad esempio, si pensò di omaggiare le candele utilizzate nelle cene importanti, dando vita ad un formato più lungo e sottile.
I rigatoni, invece, prendono spunto proprio dalla rigatura della pasta che cominciò a diffondersi a livello industriale: lo scopo? Trattenere meglio il sugo ed il condimento, per un’esperienza di gusto senza eguali!
Infine, i fusilli (inventati industrialmente nel 1924) erano già famosi a livello popolare, poiché venivano tradizionalmente fatti a mano con la tecnica del ferretto (un po’ come si faceva con i bucatini e, ancora oggi, fanno gli artigiani della pasta), proprio nella città partenopea; tutto nacque perché, al posto del classico ferro a sezione quadra che doveva necessariamente essere forgiato da un fabbro, si scoprì molto presto che poteva essere impiegato un ferro da calza o di un vecchio ombrello rotto. La proverbiale “arte di arrangiarsi“, insomma, aveva vinto ancora una volta. Fu solo in America, però, che – grazie a due emigranti italiani – la “fusilla” (la macchina dedicata alla loro sagomazione) offrì lo sprint necessario per una produzione su larga scala.
E voi, quale taglio di pasta preferite?